La storia
LA STORIA ANTICA ovvero come prese forma la sede.
Fu il caso a legare i Gesuiti all’area bolognese di via Castiglione. Nella piccola chiesa di S. Lucia, demolita dopo l’edificazione dell’omonima grande chiesa, venne ospitato nel corso dei suoi due soggiorni in città (1537, 1541) S. Francesco Saverio, cofondatore con S. Ignazio di Loyola della Compagnia di Gesù. La stima che si guadagnò presso i fedeli fu tale che venne richiesta a Roma la presenza stabile di un piccolo nucleo di Gesuiti, sempre più apprezzati come predicatori, confessori, direttori spirituali, missionari ma soprattutto come educatori della gioventù. Poco dopo essere arrivati a Bologna essi aprirono nel 1549 o forse nel 1551 due classi per l’insegnamento del latino. Il successo crescente del loro modello educativo, esplicitato nella Ratio studiorum, moltiplicò i loro collegi per i giovani nobili e borghesi in tutto il mondo cattolico.
A Bologna, nell’area di S. Lucia, nel corso del Seicento, essi crearono il Collegio dei Nobili o di S. Francesco Saverio e quello dei borghesi o di S. Luigi. Dal 1623 era iniziata la costruzione della grande chiesa di S. Lucia, su progetto del Rainaldi, rimasta poi incompiuta non solo nella facciata ma anche nell’abside e nella cupola, assai più ambiziose nel progetto originario. Il convento – attuale sede del Liceo – venne ampliato, demolendo gli edifici degradati o inadeguati che sorgevano nell’area e conservando quelli ben costruiti, come il quattrocentesco palazzo Gozzadini, inglobato nella costruzione ed invisibile all’esterno. L’imponente ma inameno edificio fu dotato di uno scenografico portico, quasi un sipario, sopraelevato rispetto alla sede stradale di via Castiglione.
L’intervento complessivo ebbe non solo un carattere architettonico ma addirittura urbanistico, poiché nel ridefinire il volto dell’isolato era stato coperto il canale di Castiglione, era stato chiuso il campetto di S. Lucia – un vicolo che collegava via Castiglione a via de’ Chiari – e con la costruzione della grande chiesa di S. Lucia, prospettante sull’ampio sagrato, si era interrotta la regolarità porticata degli affacci su via Castiglione.
A metà del ‘700, tra il 1742 e il 1744, venne realizzato l’ultimo intervento architettonico, destinato a lasciarci pressoché intatto un vero gioiello del tardo barocco: la biblioteca Zambeccari, cosiddetta da colui che mise a disposizione denaro e libri affinché divenisse la prima biblioteca pubblica di Bologna. Ospitò il vasto patrimonio librario dei Padri. Alla regolarità dell’impianto architettonico, opera di Giuseppe Antonio Ambrosi, venne sovrapposta una ricca ma omogenea decorazione in stucco e legno, lungo le pareti, mentre i soffitti furono dipinti con un ciclo coerente di allegorie desunte dalla Bibbia e inneggianti alla Sapienza. Alla decorazione lavorò un’equipe di artisti: i figuristi Bertuzzi e Marchese, il quadraturista Scandellari, il maestro di stucchi Calegari.
Quando l’ordine dei Gesuiti fu soppresso, l’opera educativa fu continuata dai Barnabiti fino al 1866.
Oggi la biblioteca Zambeccari, oltre ad ospitare i testi dell’Ottocento e del primo Novecento del liceo, è la sede privilegiata degli eventi più significativi mentre palazzo Gozzadini ospita il Museo della strumentazione storica del Regio Liceo, accumulatasi nel tempo e riferibile alle varie discipline insegnate, soprattutto in ambito scientifico. Il Museo è destinato ad incrementarsi man mano che riemergono dall’abbandono, vengono restaurati e valorizzati i materiali didattici del passato ancora posseduti.
LA STORIA RECENTE ovvero come nacque e si affermò l’istituto di istruzione superiore
Il Regio Liceo, istituito con decreto Farini del 12 febbraio 1860, iniziò le sue lezioni il 19 novembre nei locali dell’Ospedale della Morte – attuale Museo Civico Archeologico. Cinque anni più tardi, nonostante fosse una scuola classica, venne intitolato al massimo scienziato bolognese del Settecento: Luigi Galvani. Fu trasferito in via Castiglione nell’anno scolastico 1882-83, congiungendosi così con il ginnasio municipale che non aveva mai cambiato sede. Il corso di studi offriva, a quel punto e fino al 1942, cinque anni di ginnasio e tre anni di liceo.
Immediatamente preside, professori e genitori cominciarono a lamentare l’inadeguatezza degli spazi, nonostante si fossero compiuti lavori di adeguamento, il più evidente dei quali fu la copertura con vetro e ghisa del secondo cortile o cortile dei carri di palazzo Gozzadini per adibirlo a palestra. Le trasformazioni si sono susseguite nel tempo fino alla più recente e radicale ristrutturazione in corso ormai da anni.
La sede è stata condivisa con l’istituto Aldini-Valeriani e poi con l’istituto d’arte fino ad anni recenti. Dal punto di vista logistico il periodo più difficile fu vissuto durante la seconda guerra mondiale. Infatti negli ultimi mesi del 1944 i locali del “Galvani” furono occupati dall’ospedale Pizzardi per i tubercolotici e per quell’anno la scuola migrò in piazza dei Calderini, fu poi ospitata dai Barnabiti in Palazzo Montalto e nell’anno scolastico 1945-46 il “Galvani” fu accolto dal “Minghetti”, poiché il palazzo di via Castiglione dovette subire una radicale disinfezione prima di accogliere di nuovo gli studenti.
Lo svolgimento regolare delle lezioni riprese nell’anno scolastico 1946-47.
Avendo 150 anni di vita custodisce molte importanti memorie poiché la sua popolazione – presidi, insegnanti, studenti – ha vissuto tutte le complesse vicende del tempo. Dalla Grande Guerra, in cui morirono da giovanissimi eroi parecchi studenti, onorati dalla lapide murata accanto al portone del civico 38, al Fascismo che piegò abitudini e rituali al proprio modello, alla Resistenza che contò esempi altissimi di sacrificio, alla “rivoluzione femminile” che ha portato al sorpasso numerico delle ragazze sui ragazzi e delle professoresse sui professori per arrivare, dopo due presidi facenti funzione, a dirigenti tutte al femminile, come la dirigente Sofia Gallo prima e, successivamente, la dirigente di ruolo, tuttora in carica, Giovanna Cantile.
Nel tempo la scuola si è conquistata e ha mantenuto una fama di grande serietà e rigore.
Ha contato tra i suoi insegnanti personalità come Carducci, Pascoli, don Marella e Della Volpe e, tra gli alunni, personaggi famosi come Riccardo Bacchelli, Pier Paolo Pasolini, Pier Ferdinando Casini, Marco Biagi, il giuslavorista vittima delle Brigate Rosse e, in tempi recenti, lo scrittore Brizzi, creatore di Jack Frusciante. Molto agguerrita anche la presenza femminile. Le due prime studentesse che si licenziarono nel 1878, Giulia Cavallari e Giuseppina Cattani furono le prime laureate della Regia Università riformata dopo l‘Unità. La prima, in lettere e poi in filosofia, fu talmente apprezzata dal Carducci che la scelse come precettrice della propria figlia Libertà; la seconda, in medicina, è rimasta famosa per i suoi studi e le sue scoperte. Nel Novecento possiamo vantare le due più importanti scrittrici della Resistenza: Renata Viganò, autrice de “L’Agnese va a morire” e Giovanna Zangrandi, autrice de “I giorni veri”.